Le arti marziali giapponesi hanno sempre riservato un ruolo di rilievo al bastone, un’arma tanto semplice quanto efficace, capace di adattarsi alle necessità del combattimento e della difesa personale. Dai lunghi rokushakubō (六尺棒, bastone da sei shaku - ca. 180 cm) ai corti tanbō (短棒, bastone corto), fino alle raffinate armi nascoste come lo shikomizue (仕込み杖, bastone con inserto), ogni variante di bastone ha generato tecniche e strategie specifiche, rispecchiando la cultura e la mentalità marziale dell’epoca.
Nella storia giapponese, il bastone ha ricoperto molteplici ruoli: strumento versatile, compagno di viaggio per monaci e pellegrini, nonché simbolo di autorità. Tuttavia, la sua natura lo ha reso da sempre un’arma potenziale, ancor più nei periodi in cui il porto di armi era proibito ai non appartenenti alla classe guerriera o per quelle categorie sociali che, indipendentemente dalle leggi, non avrebbero comunque potuto permettersi una spada.
Alcune scuole marziali svilupparono sistemi di combattimento specifici basati sull’uso del bastone, dando vita a tradizioni formali che sono arrivate fino a noi.
Le differenti dimensioni del bastone hanno determinato tecniche specifiche, influenzate da principi di leva, pressione, percussione e controllo. Ne elenco di seguito i principali
Tegiribō significa "bastone tagliato a mano": il nome ne rispecchia la natura di arma di fortuna, un piccolo bastoncino di recupero, utile per potenziare le percussioni, leve articolari molto serrate e pressioni sui punti deboli del corpo umanokyūsho.
Il tanbō permette colpi rapidi e incisivi, leve articolari e tecniche di bloccaggio. Uno strumento che ha trovato applicazioni nelle scuole giapponesi e che si è distinto come base tecnica per le forze di polizia.
Lo hanbō (半棒, "mezzo bō"), lungo circa 91 cm (tre shaku), è una delle armi più versatili, combinando la mobilità delle armi corte con l’efficacia delle leve articolari e delle percussioni. Le sue tecniche sono strettamente legate alle arti samurai, poiché permettevano di combattere con un'arma improvvisata come un fodero o un bastone da viaggio.
Il jō (杖), lungo circa 4 shaku e 2 sun (127 cm), è famoso per il suo utilizzo nella Scuola Shintō Musō (神道夢想流杖道), la scuola fondata dal leggendario Muso Gonnosuke Katsuyoshi (夢想權之助勝吉). Secondo la leggenda, Gonnosuke, sconfitto da Miyamoto Musashi (宮本武蔵), sviluppò il jōdō (杖道) per contrastare la doppia spada del celebre spadaccino, elaborando un sistema basato su attacchi fluidi, colpi mirati e strategie di sbilanciamento. Sulle tecniche di questa Scuola si fonda il Jōdō contemporaneo, adottato all'interno della Federazione Internazionale Kendō.
Il rokushakubō è il bō per antonomasia: è il bastone più lungo, impiegato nelle scuole tradizionali di Bōjutsu (棒術). Grazie alla sua lunghezza, consente attacchi potenti e difese efficaci, ma richiede ampi spazi e un’elevata padronanza delle distanze.
Quando parliamo di armi-bastone del Giappone antico non possiamo non citare i bastoni con inserto, gli shikomizue (仕込み杖), dei quali esistono omologhi illustri anche in Occidente (i "bastoni animati").
Queste armi, progettate specificamente e spesso in modo piuttosto ingegnoso, "apparivano" come semplici bastoni, ma potevano celare al loro interno spunzoni e lame di diverse lunghezze o da lancio (shuriken), catene ponderate, e ancora pistole o oggetti da viaggio come bussole, kit da scrittura, accendifuoco o altro. Questo tipo di arma è diventato famoso nella cultura popolare grazie a figure leggendarie come Zatoichi, il famoso spadaccino cieco, che cela una lunga lama nel suo bastone da viaggio (shikomitō).
Fin dall'antichità, la combinazione di lame dritte o curve e di altri elementi come corde e catene con un bastone ha dato origine a diverse armi lunghe, come le picche (槍, yari), i bastoni con catena ponderata o flagelli (乳切り木 chigiriki, 鎖打棒 kusariuchibō, 千鳥鉄 chidorigane), i falcioni (薙刀, naginata) e le falci da guerra (鎌槍, kamayari). Queste armi non solo univano elementi strutturali distinti, ma integravano anche le rispettive tecniche di combattimento, amplificando le potenzialità sia della lama che del bastone.
Lo hanbō, in particolare, rappresenta un ponte tra le tecniche di combattimento tradizionali e l’applicazione moderna della difesa personale. La sua versatilità lo rende un’arma ideale per chi desidera approfondire lo studio delle leve articolari, delle percussioni mirate e del controllo dell’avversario.
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