Nel primo articolo dedicato al Kuji (lo trovi qui), abbiamo introdotto l'origine di questa pratica:
In Giappone il daoismo permeò come molte filosofie e religioni dal "Vecchio Continente" e qui si intrecciò a diverse correnti e elaborazioni. Con esso, la formula delle nove parole rimase invariata, la cui pronuncia divenne Rin (臨), Pyō (兵), Tō (闘), Sha (者), Kai (皆), Jin (陣), Retsu (列), Zai (在), Zen (前) e associata a talismani, litanie, visualizzazioni, gestualità (tagli) o intrecci ("sigilli") con le mani. Scopi dichiarati rimasero la protezione da forze avverse in preparazione ad un importante compito, o l'esorcismo.
Nel corso della sua evoluzione e diffusione in Giappone, il Kuji ha assunto diverse denominazioni, spesso legate al contesto specifico della sua pratica. Ecco un elenco delle principali nomenclature che si possono incontrare:
In Giappone, il Kuji si è evoluto integrando i mudrā, i gesti sacri delle mani. Questa combinazione di parole e gesti è nota come Kuji In o Kuji no In. Sebbene la precisa origine di questa associazione non sia del tutto chiara, è possibile che sia avvenuta già in ambito daoista o nello Shugendō. L'utilizzo dei mudrā permetteva di dare una forma fisica e visiva alle nove parole, potenziandone l'efficacia simbolica.
Ogni tradizione associa sigilli specifici alle nove parole. I più comuni sono:
Questi sigilli sono spesso associati a specifici pianeti, punti cardinali e divinità, creando una complessa rete di corrispondenze simboliche.
(つづく...)
(continua...)
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